Nel caso in cui le diete proposte siano sbilanciate si rischiano vere e proprie carenze nutrizionali che possono comportare problemi di vario tipo: stanchezza generalizzata, difficoltà di concentrazione, perdita dei capelli, abbassamento delle difese immunitarie, perfino riduzione della capacità riproduttiva ecc.., in altri casi in cui per es. si aumenti troppo la quota proteica (molte diete più in voga sono iperproteiche) possono verificarsi affaticamento del fegato e dei reni, aumento degli acidi urici, acidosi tissutale. L’elemento che solitamente accomuna queste diete, anche se molto diverse fra di loro, è quello di essere comunque ipocaloriche: basate cioè sulla diminuzione dell’introito calorico, basandosi sul semplice concetto di bilancio fra entrate e uscite.
Il tutto sembra funzionare con certezza matematica ma la realtà dei fatti non è così semplice, perché in mezzo a “entrate” e “uscite” c’è il metabolismo, determinato da una serie di complesse reazioni biochimiche a livello cellulare che determinano l’efficienza con la quale bruciamo l’energia contenuta nel cibo che consumiamo.
Il metabolismo non è un valore definito una volta per tutte ma può variare nel tempo in relazione alle abitudini alimentari e all’attività fisica svolta.
Le più recenti ricerche nel campo della nutrizione dimostrano come una impostazione del dimagrimento basata esclusivamente sulla riduzione calorica non dia risultati soddisfacenti nel lungo periodo. Senza alcun dubbio esistono situazioni in cui la restrizione calorica è assolutamente necessaria, ma sicuramente non è una strategia da applicare in qualsiasi situazione.
Chi ha intrapreso una classica dieta ipocalorica nella maggior parte dei casi ha riacquistato col tempo i chili perduti e in molti casi anche qualcuno in più.
Così il cosiddetto “effetto yo-yo” vanifica tutti i sacrifici e cancella i risultati faticosamente raggiunti.
Cerchiamo di capire come è possibile questo fenomeno: durante il primo periodo di adozione di un regime ipocalorico, essendo l’introito calorico dei cibi consumati, minore del fabbisogno energetico dell’individuo, per pareggiare il bilancio viene utilizzata l’energia immagazzinata nel tessuto adiposo sottoforma di grasso: il peso scende e tutto sembra andare secondo le previsioni.
Il nostro organismo però è stato programmato in maniera intelligente, nel passato sono stati molti i momenti critici in cui i nostri antenati hanno dovuto far fronte a carestie e quindi periodi prolungati di mancanza di cibo. Così il nostro metabolismo ha elaborato una vera e propria strategia di “sopravvivenza” imparando ad abbassare i propri consumi come adattamento alla scarsità di cibo.
Per questo motivo dopo un primo periodo di dieta in cui effettivamente si ha perdita di peso il metabolismo attua le strategie volte al risparmio energetico. Quindi il fabbisogno dell’organismo diminuisce fino ad equiparare l’introito energetico e la perdita di peso si arresta, come risultato la restrizione calorica attuata all’inizio della dieta non è più sufficiente per perdere peso.
A questo punto la maggior parte delle persone, dopo qualche giorno di strenua resistenza, vista la mancanza di risultati, si arrende e torna a mangiare, se non proprio come prima, almeno un po’ di più rispetto alla dieta. L’amara sorpresa a questo punto è che il peso inizia ad aumentare, in poco tempo vengono recuperati i chili perduti e spesso anche qualcuno in più.
E’ come se il nostro “motore” avesse subito una riduzione della propria “cilindrata”, passando per es. dal consumo di 1800 kcal a 1400 kcal. Il ricorso a diete ipocaloriche ripetuto per anni, magari anche solo 1 o 2 volte all’anno, porta nel tempo ad abbassare il metabolismo in maniera davvero significativa. A tal proposito sono ricorrenti frasi del tipo: “mangio pochissimo ma non riesco a dimagrire”, “una volta appena mi mettevo a dieta dimagrivo subito, adesso non riesco a perdere neanche un etto”.
In questi casi, bisogna iniziare a mangiare di più, proprio per riportare il metabolismo al suo funzionamento originario. Mi succede spesso di dover incoraggiare le persone a mangiare più del loro standard e vederle finalmente perdere quei chili che non riuscivano a perdere da anni. Questo può sembrare un paradosso, perché siamo abituati a pensare solo in termini di calorie.
Da queste considerazioni emerge che una dieta dimagrante deve essere formulata in modo tale da non far scattare gli allarmi metabolici che inducono al risparmio energetico e predispongono al recupero del peso perduto.
Nella maggior parte dei casi riattivare il metabolismo è la chiave per una perdita di peso che mantiene i risultati nel tempo.
Questo deve essere attuato rispettando un rapporto equilibrato fra i vari nutrienti, distribuendo i pasti nel corso della giornata in modo da evitare lunghi periodi di digiuno e non dimenticando di incrementare l’attività fisica.
Una dieta dimagrante dovrebbe inoltre essere in grado di soddisfare i gusti e le esigenze individuali per poter essere seguita senza sforzo, assolvendo anche alla funzione di educazione alimentare, deve poi essenzialmente essere personalizzata.
Dal proliferare su ogni tipo di rivista e su internet dei più svariati tipi di dieta, è ovvio dedurre che esista una larga parte di pubblico che non attribuisce grande importanza al fatto che una dieta sia personalizzata, che sia cioè formulata in maniera specifica sui propri fabbisogni, mentre è invece essenziale che una dieta sia formulata sulla base dei fabbisogni individuali.
Vorrei poi aggiungere che il mantenimento del peso corporeo è un problema serio, che non può essere affrontato solo in prossimità della bella stagione, ma dovrebbe essere affrontato durante tutto l’anno in una prospettiva più ampia, in cui l’alimentazione venga curata con più attenzione insieme all’adozione di uno stile di vita più attivo, nella consapevolezza che una corretta alimentazione è il più potente strumento che abbiamo a nostra disposizione per gestire il nostro benessere, oltre che il nostro peso.
In termini generali dovremmo riscoprire un’alimentazione più naturale, scegliendo alimenti freschi e genuini, cereali integrali e rispettando la stagionalità per quanto riguarda il consumo di frutta e verdura.
Dovremmo allo stesso tempo limitare il più possibile gli alimenti di origine industriale, ricchi di grassi saturi, zuccheri semplici, coloranti e conservanti e i cereali raffinati.
Dovremmo imparare a consumare ciò di cui abbiamo effettivamente bisogno: ciò significa sviluppare la capacità di ascoltare il nostro corpo per comprendere le sue effettive necessità; questo significa anche imparare a non cadere nell’errore di cercare nel cibo una sorta di compensazione a stati d’animo come l’ansia, la depressione, la noia ecc…
Recuperando un rapporto equilibrato con il cibo, sostituendo abitudini alimentari sbagliate con altre più salutari, acquisteremo una forma fisica migliore, un livello di energia superiore e uno stato d’animo più sereno.
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